Un signore sulla settantina con due ragazzi che non superavano i quindici anni (i nipoti) arrivano dalle Vele per vedere il nuovo disegno di cui nel quartiere tutti parlano. L’artista in quel momento è giù per un intervista seduto a parlare con un giornalista. Nonno e nipoti gli si avvicinano e gli chiedono (il nonno) “che c’entra questo personaggio con Scampia?” una domanda secca. Lui (l’artista) si ferma, in silenzio insieme a tutti quelli che sono intorno (passano dieci secondi) “perché un personaggio del cinema?” continua il signore. Lui da terra (non in senso lato) dove era seduto, guarda verso l’alto e gli risponde: “Non è solo un personaggio cinematografico. è tanto altro. E’ Pasolini.” una risposta secca. Riservato ma gentile, di poche parole ma disponibile. Abbiamo parlato un po’ (io e lui), venire a Scampia è stata un idea sua, un desiderio mi piace pensare. Un posto come questo per un Artista con l’animo come quello di Jorit Agoch può rappresentare un punto di arrivo. Si è proposto a chi poteva sostenere il suo progetto (la Regione Campania) e siamo tutti felici (noi cittadini semplici) che lo abbiano accontentato. E mentre in molti ancora provano disperatamente a prendersene merito (come se contasse quello), dopo una foto con un ragazzo autistico suo fan Jorit ritorna su a lavorare. L’impressione generale è che questo ragazzo attraverso le sue opere smuova piccole comunità di persone reali che respirano e si presentano,oltre che quelle digitali, gente arriva fa domande, si confronta, e se ne va soddisfatta quasi come non fosse Scampia cio’ che hanno visto e di cui hanno appena parlato. E invece con nostro piacere una volta tanto lo è. Un signore sotto l’opera, fresco di barba fatta, mi ha confidato che è appena uscito dal carcere di Poggioreale dopo 12 anni di detenzione (vendeva Droga nelle case dei Puffi) ,e che tra la stazione metro Piscinola/Scampia ristrutturata , questa opera luminosa e “questo ragazzo bravissimo” che da qualche settimana ammira tutte le mattine gli sembra di stare ad “Edenlandia” (il parco giochi storico della città di Napoli). Non gliel’ho detto ma forse un pò esagera, di cose da fare in questa area Nord ci stanno. Proviamo dunque a non entusiasmarci troppo ora, come non ci siamo avviliti prima (per decenni). Ma è un fatto che rispetto alla Scampia che il signore lasciava 12 anni fa di acqua sotto a questi ponti ne è passata. E sono artisti del genere che possono darci la luce che meritiamo, qui come in tutte le periferie del Mondo. Il mio pensiero va alle prossime cose, la mia speranza è che Jorit e le sue opere siano solo un clamoroso inizio di 2019 e che tutti noi possiamo avere il coraggio di non accontentarci ma di osare. Perché sempre per restare in tema un bravo disegnatore Americano negli anni 50 diceva che “se lo immaginiamo possiamo farlo”.
Giuseppe Di Vaio
“Che fate?”
Passata la mezzanotte, di fronte le Vele. Enormi astronavi in cemento armato.
Di notte Scampia è illuminata bene, c’è un palo ogni cinque metri e luce che sembra giorno, l’unica differenza la trovi nei rumori. Di notte questo è un posto silenzioso, assai sereno, dove se vuoi riposi.
La vela di fronte è la prima dalla strada che da Secondigliano porta in collina. Qua il discorso è differente: l’edificio versa in condizioni di abbandono totale, nonostante alcuni suoi piani siano ancora abitati, e dall’esterno è quasi completamente al buio, cosa anomala vista l’enorme quantità di energia elettrica che si concerta in tutto il quartiere. Altra anomalia è il fatto che tutto intorno ci sono decine di parchi tenuti bene dove in alcuni casi per accedervi si passa anche da una efficiente portineria con tanto di addetto alla sicurezza. Ma del resto funziona cosi in ogni famiglia che si rispetti, dove qualche figlio trasandato tra tanti figli tirati a lucido lo trovi, sempre. Le Vele.
Io, Dario e Ugo avevamo bisogno di un immagine manifesto per l’inizio del video che stavamo preparando, il primo lavoro che facevamo insieme. I ragazzi proposero di fare una Timelapse notturna delle astronavi di cemento idea che condividemmo subito e che programmammo al termine dell’ultima giornata di riprese. Mancava una settimana alla Pasqua Cristiana, e quel giorno dopo le riprese del pomeriggio ci demmo appuntamento alle 22:00. Per realizzare quel filmato avevamo bisogno di un cavalletto per stabilizzare l’immagine e del carrello per muove la videocamera in modo fluido. Caricammo ciò che serviva in macchina, Ugo guidava, ed alle 23:00 eravamo sul posto. Il tempo di scaricare le cose che Ugo e Dario avevano già montato la postazione, scelta la fotografia giusta iniziammo a riprendere. Le vele nella loro più totale decadenza apparivano maestose, e giù in strada ogni macchina che passava lasciava una scia di colore che ai mei occhi profumava.
A qualche decina di metri dalla nostra postazione una ventina di ragazzi che giocava a calcio nella grande piazza dedicata al Papa fecero presto a notarci, e senza perdere troppo tempo, dopo aver mandato qualcuno in avanscoperta si avvicinano, tre giovani in particolare.
In effetti poteva non essere stata una buona idea uscire di notte con tutta la nostra attrezzatura e metterci in bella mostra in uno dei quartieri che il Mondo conosce quasi esclusivamente per le cronache criminali. Certo un po’ di ansia avrei anche potuta averla, sarebbe stata legittima.
“Che fate?” chiese uno dei tre con aria seria e impegnata. “Giriamo un video su Scampia” gli rispondo.
Al che un po’ s’insospettirono, era appena iniziata una serie tv che buttava fango per l’ennesima volta su tutto il quartiere senza distinzione alcuna. Iniziai cosi a parlargli di Happy Scampia e dei giorni trascorsi per il loro quartiere a filmarne centinaia di persone che entusiaste avevano contribuito, e della nostra voglia di mostrare il volto reale del quartiere attraverso la sua normalità, quella che io stesso ritrovavo nei sorrisi della gente. Il mercato, le scuole, le associazioni, le palestre, i pompieri, i vigli urbani, la polizia, gli artisti, i bambini, gli adulti, Scampia tutta insomma. Forse mancavano solo loro.
“Possiamo dare una mano?!”.
Certo gli risposi “siete benvenuti” ed uno di loro con uno smisurato scatto di orgoglio mi disse “ Siamo stanchi di passare sempre per i cattivi, non lo siamo mi devi credere”. Quest’ultima parte per me è la più logica: io li conosco. Sono figlio di un quartiere attaccato al loro con gli stessi problemi e le stesse positività, ed io stesso sono loro e sono stanco.
Ci aiutarono a portare a spalla le cose che avevamo con noi e vollero a tutti i costi partecipare al video. Passammo circa un ora insieme a loro ed io ,per quel breve tempo, ritornai un po’ bambino quando facevo le stesse identiche cose. Stesse risate, stesse nottate e soprattutto stessa meravigliosa spensieratezza.
Qualche giorno fa un anno dopo l’uscita del video (che ha avuto uno straordinario successo mediatico e che dopo aver trovato spazio su tutti i più importanti siti, giornali e tv Nazionali, a brave sarà ripreso anche da Rai International e trasmesso in tutto il Mondo ) mentre di fretta mi apprestavo a raggiungere la metro si avvicinano tre ragazzi, mi riconoscono, “Tu sei quello di Happy Scampia, ti ricordi di noi?” erano entusiasti.
Ho dovuto fare molta fatica a fargli credere che io Dario e Ugo avevamo pochi meriti, e che non avevamo fatto altro che riprendere quello che fanno più spesso, essere felici anche con decine di problemi. E che io stesso sono estremamente grato a tutta la loro comunità che forse per la prima ed unica volta si è insieme aperta con l’intento di mostrarsi cosi com’è, normale.
A Scampia e alla sua gente.
Giuseppe Divaio
“Because Scampia is a happy place”
Diretto e Girato da:
Giuseppe Divaio
Dario De simone
Ugo De Matteo
Io veramente l’ho sentito.
E’appena finita la ballata, il centro è occupato, ci entri da un vialetto stretto appena dietro le case dei Puffi. Il cantante canta, l’orchestra accompagna e la gente sembra estasiata ; “tu vuo’ fa l’american,sient a me chi to fa’ fa”?.
Sono appena arrivato a Monterosa, i carri iniziano appena ad uscire dal Gridas.
Il Gridas – Gruppo risveglio dal sonno – è l’associazione “al servizio della gente comune per stimolare un risveglio delle coscienze e una partecipazione attiva alla crescita della società” fondata anche da Felice Pignataro nel mio anno di nascita il 1981, la stessa che da 33 anni organizza e da luce al carnevale di Scampia, il migliore di Napoli.
Sono pronto dalle 10:00 il mio amico ha fatto tardi ma siamo ancora in tempo, saluto un po’ di gente, apro lo zaino prendo la macchina fotografica e lascio il gruppo “ci vediamo dopo”. Inizia il mio viaggio a Carnevale.
Seguo i carri, sono in coda, loro girano tutto intorno al quartiere e la gente aspetta alle finestre, i bambini sono tutti per strada, oggi qui c’è gente da ogni parte della città e oltre. Dietro di me due persone, un uomo e una donna di mezza età, parlano in Inglese, lui spostando uno zaino azzurro dalle spalle dice “ It’s amazing!”. Sorprendente, non pensava il signore.
Beh a dire il vero nemmeno io pensavo. Abito ad un palmo di naso da Monterosa, da adolescente ci venivo dalla mia giovane fidanzata. In motorino a cent’allora attraversavo Secondigliano ed in prossimità della caserma Boscariello m’infilavo in un vicoletto stretto, scansavo dei paletti in ferro a zigzag, e poi lei che mi aspettava.
Questa però è la prima volta che vengo al carnevale, il Carnevale di Felice.
Felice Pignataro è da sempre uno dei miei artisti preferiti, in assoluto.
Il primo che ho conosciuto.
Da bambino andavo a scuola in Piazza Tafuri a Piscinola, La Torquato Tasso. Si trattava di un edificio enorme lungo più di cento metri e alto sei piani che sono dodici , bianco come una Balena e con decine di finestre, forse cento. Fuori c’era un muro di cinta che proteggeva la struttura, era alto più di tre metri, con due ingressi, lungo tutto il perimetro frontale della scuola. Sopra al muro un gigantesco murales di Felice che si estendeva dal primo al secondo cancello. Raccontava di Umanità alla merce di pochi, bambini uomini donne e personaggi fantastici urlavano, sorridendo, delle ingiustizie che subivano; erano le sue maschere.
Uscito da scuola giocavo a pallone tutta la giornata di fronte a quel disegno, una delle porte dove spesso segnavo era il cancello dell’ ingresso.
Quelle maschere hanno accompagnato tutta la mia infanzia e adolescenza, finche un uomo scellerato non decise di buttare il muro giù e con se il disegno.
Felice di opere del genere ne ha lasciate ovunque, si dice che sia stato lo StreetArtist, oggi cosi si chiamano, più attivo della storia, si dice che abbia realizzato più opere di chiunque altro. Si dice sia stato fra i migliori, è stato certamente il migliore di una storia; la mia.
Il corteo va avanti ,nelle mie foto le maschere della mia infanzia, e nel frattempo lasciamo Monterosa; di colpo gli spazi si allargano, le strade diventano ampie e i palazzi si allungano; Scampia.
Percorriamo un lunghissimo Viale, la gente dalle finestre lancia coriandoli a “Mappate” e la folla cresce, i bambini corrono e giocano, tutti sono cortesi, e molti sorridono. Ci sono tanti gruppi colorati, ognuno di questi ha preparato un allegra coreografia, molti hanno portato degli strumenti per la musica e saltano, ballano, cantano e fischiano.
Mi colpisce però, tra i tanti colori, un gruppo di ragazzi vestiti di nero con delle fasce rosse, fra loro una giovane donna, che credo non conosca il posto, si guarda intorno stupita e continua a ballare ha in viso la spensieratezza di chi ha lasciato tutto il resto fuori da questo tempo; posti del genere per chi viene da fuori sono in ogni caso una rivelazione, la vita sceglie il verso, il suo è di certo il carnevale. Accanto a lei una maschera di Pulcinella da spessore alla mia visione e in testa al gruppo una tromba suona e guida tutti.
Arriviamo ad una rotonda, i Vigli bloccano il traffico e tra la gente ferma in macchina ad aspettare nessuno che protesta ,mi metto nei lati guardo la folla che avanza, tre ragazzi colorati di giallo sistemano dei cartelli e mentre giocano dividono un pezzo di pizza con le scarole. Ognuno sembra aver portato qualcosa e tutti dividono con tutti.
Nel frattempo riappare il mio amico, anche lui con la sua gente che continua a chiacchierare. Qui il tempo sembra si adatti al flusso del corteo e mai viceversa, io ad esempio non mi chiedo l’ora da quando sono arrivato, nell’aria però un profumo di Carciofi arrostiti mi dice che un po’ di tempo è forse passato, e son le 14:00, cosi senza pensare. Il corteo si ferma, dalla testa c’è chi a voce alta spiega il programma e quello che resta da fare, poi ovviamente chi festeggia e chi decide andare. Entriamo in un vialetto, qualche decina di metri, e nel cortile di una vecchia scuola un gruppo Internazionale – Rom/Napoletano – propone tre pezzi della antica scuola nostrana si canta e si balla, io trovo un posto per fotografare; i colori sono tanti, alzo gli occhi e noto un angolo, si tratta di uno stanzone senza divisioni con tre enormi finestre che danno proprio sul palco. All’ingresso un ragazzo basso e pelato mi chiede “Foto”? poi mi indica la strada, a destra prima scala. Salgo un piano e mi affaccio per scattare. Lo si fa a turno purchè veloci, il tempo è poco la gente assai e il concerto dura il tempo di iniziare. Finisce la ballata, esco dal centro giro dietro i Puffi e seguo il rumore di una decina di tamburi, davanti a me le palazzine si aprono a specchio, scelgo quella destra salgo sei scalini percorro un corridoio e mi ritrovo su comune balcone, insieme a decine di persone. Chiedo permesso, trovo un posto, mi affaccio, guardo giù ed ecco … l’ho sentito.
Centinaia di colori, pagliacci giganti danzano con nani e cantanti, incantevoli ballerine abbracciano i Pulcinella e gli Arlecchini. Anch’io dal comun balcone ballo e mi sbatto e cerco una penna per segnare, ma questo è il carnevale di Felice e quà anche senza inchiostro sul taccuino della tua anima linee indelebili puoi tracciare.
a Felice, Giuseppe Divaio